RABBIA

Cos’è?

La rabbia è una malattia acuta causata da un virus (Rhabdovirus), con manifestazioni a carico del sistema nervoso centrale. La rabbia esiste in due forme epidemiologiche: la rabbia urbana, diffusa principalmente dal cane e dal gatto domestici non immunizzati, e la rabbia silvestre, propagata da soprattutto da volpi, ma anche tassi, faine, martore donnole, moffette, manguste, procioni e pipistrelli. Quando gli animali sono colpiti dalla malattia modificano il loro comportamento; l’animale selvatico perde la naturale diffidenza verso l’uomo, gli animali domestici possono diventare aggressivi, con disturbi nella deambulazione, paralisi ed infine morte. Il virus, dopo aver infettato l’animale, è contenuto nella saliva (anche prima della comparsa dei sintomi) e viene introdotto nella cute dell’uomo attraverso il contatto diretto con la saliva di questi animali infetti (morsi, graffi, leccature) o, molto più raramente, attraverso una abrasione recente della cute. La diffusione per via aerea è stata dimostrata in situazioni molto particolari, di elevata concentrazione di virus in aerosol come ad esempio nelle caverne ove vivono numerosissimi pipistrelli infetti. Il virus dopo essersi moltiplicato vicino al punto di inoculo si diffonde seguendo le fibre nervose periferiche al midollo spinale e successivamente raggiunge il cervello. Il periodo di incubazione è generalmente da 3 a 8 settimane. In una prima fase aspecifica della malattia si possono avere sintomi come mal di testa, malessere, debolezza progressiva, nausea, vomito e sensazione di dolore, formicolii e fascicolazioni alla ferita, ai quali di possono aggiungere senso di inquietudine, agitazione motoria, ipereccitabilità. Successivamente compaiono confusione, allucinazioni, aggressività, spasmi muscolari, convulsioni e paralisi distrettuali; i periodi di alterazione mentale si alternano a periodi di perfetta lucidità; nel 50% dei casi compare idrofobia ossia avversione all’acqua dovuta a dolorose contrazioni spasmodiche della laringe e della faringe, scatenata dall’ingestione di liquidi. Molto comuni sono l’incremento della sensibilità alla luce intensa, ai rumori forti, al tocco e talvolta anche allo sfioramento e la febbre, che può raggiungere anche i 40°C. Con il procedere della malattia sopraggiunge il coma e la morte per paralisi respiratoria. In un 25% dei casi si può avere una forma paralitica ascendente simmetrica. Senza interventi terapeutici la morte sopraggiunge in circa 6 giorni, di solito per paralisi respiratoria.

 

Impatto sulla popolazione

L’Italia, dal 1997 al fino ad ottobre 2008, è stata considerata libera da rabbia. Tra il 2008 e febbraio 2010 sono stati diagnosticati centinaia di casi di rabbia in animali in Friuli-Venezia Giulia, in Veneto (in particolare nella provincia di Belluno) e nella Provincia Autonoma di Trento. La prevalenza dei casi ha interessato gli animali selvatici, per lo più le volpi, che rappresentano il principale serbatoio della malattia, ed alcuni caprioli e tassi. Sono stati riscontrati positivi anche animali domestici tra cui cani, gatti, un cavallo ed un asino. Le autorità veterinarie hanno messo in atto tutte le misure sanitarie necessarie al controllo della diffusione della malattia portando ad una progressiva riduzione del numero dei casi fino ad un ultima segnalazione avvenuta il 14 febbraio 2011. A due anni dall’ultimo caso, nel febbraio 2013 l’Italia è stata nuovamente dichiarata libera da rabbia.

In Europa, grazie agli estesi programmi di vaccinazione degli animali,  il numero annuale di casi di rabbia è sceso da 21 mila nel 1990 a 5400 nel 2004. Nella maggior parte delle zone dell’Europa occidentale e centrale la rabbia è stata eradicata e il controllo è stato di successo. Ad oggi, molti Paesi sono considerati liberi da rabbia.

Nel mondo, secondo l’organizzazione mondiale della sanità, la rabbia è ampiamente diffusa e ogni anno, a causa di questa malattia, muoiono più di 55.000 persone. Di questi decessi, il 95% si registra in Asia e Africa. Il 99% dei casi di rabbia nell’uomo dipendono da rabbia canina e circa il 30-60 % delle vittime di morsi di cane sono bambini minori di 15 anni.

 

Vaccino

Il vaccino antirabbico contiene il virus inattivato e viene effettuata sia per il trattamento preventivo che profilattico  dopo esposizione.

  • Trattamento preventivo: due iniezioni ad un mese di intervallo, per via sottocutanea profonda o per via intramuscolare ed una terza dose ad un anno. Nel caso si desideri ottenere un’immunizzazione più rapida, possono essere praticate tre iniezioni distanziando la prima dalla seconda di una settimana e la seconda dalla terza di due settimane. Se persiste il rischio di esposizione sono indicate dosi di richiamo dopo 2-5 anni.
  • Trattamento profilattico post-esposizione: in caso di morsicatura bisogna comunque rivolgersi nel più breve tempo possibile ad una struttura sanitaria. Il numero di dosi dipende dallo stato vaccinale pre-esposizione.
  • Quando non si deve vaccinare La vaccinazione è controindicata in caso di gravi reazioni allergiche a costituenti del vaccino (es. neomicina) o a precedenti somministrazioni dello stesso vaccino.
  • Quando si deve rinviare La vaccinazione contro la rabbia deve essere temporaneamente rinviata quando il soggetto presenta una malattia acuta con febbre o turbe generali giudicate clinicamente importanti.

 

Rischi dovuti alla malattia

I rischi dovuti alla malattia sono:

  • Decesso: nella totalità dei casi non vaccinati.

 

Rischi dovuti al vaccino

Gli eventuali effetti collaterali del vaccino sono:

  • Dolore, gonfiore e rossore al sito di iniezione, transitori e di lieve entità: 1 caso su 10 dosi
  • Ingrossamento linfonodale, nausea, dolori muscolari: 1 caso su 10 dosi
  • Reazione allergica a livello cutaneo con orticaria e rash o a livello respiratorio con dispnea ed asma: 1 caso su 100 dosi
  • Dolori articolari: 1 caso su 100 dosi
  • Febbre: 1 caso su 100 dosi.

 

Ha senso rischiare la malattia quando abbiamo a disposizione un vaccino sicuro ed efficace?

No, perché:

  • La malattia è letale nella totalità dei casi in assenza di precedente vaccinazione.
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